martedì 13 marzo 2012

Osa, rischia e chissà....

Oggi molti ritengono che la cosa più importante sia non sbagliare, non fare errori. Allora la carriera professionale non corre alcun pericolo. Allora dentro il gruppo non si è criticati. Allora non si deve cedere il posto. Allora la vita ha successo. In realtà, però, questo atteggiamento ostile al rischio, è di ostacolo alla vita. Chi non vuol fare assolutamente nessun errore, sbaglia tutto. Siccome non osa nulla, non corre alcun rischio. Così non può neppure nascere qualcosa di nuovo. Sia nell’economia come nella politica, nella chiesa come nella società, nessuno rischia più. Se lo facesse sarebbe attaccabile. Infatti, potrebbe anche andar male e sarebbe la catastrofe. Allora si dovrebbe abbandonare il dolce guanciale e si dovrebbe pubblicamente giustificare se stessi e i propri errori. Molti temono di non riuscire a sopravvivere a tanto. Sono talmente vincolati al riconoscimento e all’attenzione degli altri che non si affidano più al loro fiuto e non rischiano più nulla.
La psicologia ci dice che la mancanza di coraggio per il rischio ha a che fare con la mancanza di padri propria della nostra società. Il padre normalmente è colui che in modo "autorevole" ci rafforza la colonna vertebrale, che ci dà il coraggio di osare qualcosa, di affrontare un rischio. Se manca questa positiva esperienza del padre, se non c’è un padre a irrobustirci la colonna vertebrale, allora abbiamo bisogno di un sostituto della spina dorsale. Ecco allora l’ideologia, la norma fissa, dietro la quale ci si trincera. Si va al sicuro. Non si vogliono fare esperimenti. Tutto deve restare come prima. Non ci si consente di pensare il nuovo, meno che meno di fare il nuovo. Infatti non c’è alcuna garanzia che il nuovo riesca. Perciò lo si tralascia. La nostra epoca è caratterizzata dalla mancanza di fantasia e dalla mancanza del coraggio di rischiare qualcosa. Il termine tedesco Risiko deriva dall’italiano e significa pericolo, avventura. Molti pretendono che la vita debba trascorrere senza pericolo. Ci si deve assicurare contro tutti i pericoli, di modo che non ci possa capitare nulla, ma, quanto più ci si assicura, tanto più insicuri si diventa. Un po’ alla volta non si confida più in se stessi. Tutto deve essere assicurato. Nessun rischio senza una sufficiente sicurezza. Questo porta sempre più all’irrigidimento. Lo si vede abbastanza chiaramente nell’attuale situazione politica ed economica. Usciremo da questo vicolo cieco solamente se oseremo qualcosa, se rischieremo di far anche qualche errore. 
Il mondo ti sarà grato se osi qualcosa di nuovo, se non domandi il permesso a tutto il mondo prima di dare attuazione alle tue idee. Infatti, giorno dopo giorno sperimentiamo che il vecchio non vale molto. Nessuno si fida di percorrere nuove strade nella questione della disoccupazione. Si preferisce trincerarsi dietro luoghi comuni o si dà la colpa ad altri. Ognuno attende che l’altro faccia un passo falso. Allora lo si può criticare. Nessuno, però osa fare il primo passo. Così si sta fermi. Si sta in agguato per cercare gli errori negli altri, invece di rischiare di sbagliare personalmente. 
G

Prossima esperienza "Leadership al Femminile"

Prossima esperienza "Leadership al Femminile"

Buon giorno, segnalo la prossima esperienza Leadership al Femminile, che si terrà da mercoledì 28 marzo alle 19 a sabato 31 marzo alle 12.
Obiettivi dell' esperienza sono:
La presa di coscienza del proprio stato emotivo e della gestione delle emozioni
L’elaborazione di un’autovalutazione critica, anche attraverso il confronto con altre esperienze
La riflessione sull’equilibrio (33-33-33 ) nel rapporto tra famiglia, coppia e lavoro
L’analisi di diverse tipologie di leadership, sottolineando le diverse dinamiche uomo/donna
Il principio del benessere sistemico

Per info, costi e location:
info@managementrevolution.it

Giustiniano

martedì 17 maggio 2011

manifesto del management revolution


     Management Revolution: le linee guida


1.      Obiettivo
Le leggi delle nostre organizzazioni devono necessariamente essere burocratiche, inoperose e politicizzate e la vita da esse dettata deve essere scoraggiante, deprimente e spesso noiosa? Non le leggi che conosciamo noi!
Quindi perché non costruire delle organizzazioni altamente adattabili, continuamente rinnovabili e profondamente ispiranti?
Questo è l’obiettivo del Management Revolution.

2.      Management 1.0 addio
Il management è una delle invenzioni più importanti dell’umanità perché serve per organizzare le Umane Risorse e raggiungere gli obiettivi, è la tecnologia per ottenere la realizzazione personale e durante l’ultimo secolo ha apportato un enorme contributo alla prosperità globale. Il problema è che la maggior parte degli aspetti del management moderno sono stati analizzati moltissimi anni fa. Il workflow design, il project management, l'analisi delle varianti, il calcolo dei budget, il financial reporting, il brand manager e così via hanno le loro origini nei primi anni del XX secolo.
In realtà molto di ciò che viene definito come management moderno è stato inventato da persone nate a metà del XIX secolo. Questi pionieri erano ossessionati da due grandi problemi: primo, come assumere impiegati parzialmente qualificati per svolgere un lavoro sempre uguale, ma con una riproducibilità quasi perfetta ed una produttività in continua crescita. Secondo, come coordinare gli sforzi in modo da facilitare la produzione su larga scale di beni e servizi complessi. La soluzione al primo problema fu la dequalificazione unita al lavoro di routine, la risposta al secondo ostacolo fu il rapporto tra lo sviluppo, la contabilità e il reporting che massimizza il controllo e minimizza le deviazioni del programma dal piano di partenza. Così è nata la moderna organizzazione burocratica, il management 1.0, che è rapidamente diventata uno standard globale ed è rimasta tale fino al giorno d'oggi.
Il problema è che i mezzi e i processi del management sono omologati e valgono tanto per una compagnia di produzione su scala globale quanto per un’azienda “high-tech start-up” oppure per un dipartimento governativo di Roma, Londra o New York.

3. Le nuove sfide
I leader di oggi devono affrontare numerose sfide che vanno oltre la consueta performance del mangement 1.0. Tra queste ricordiamo:
        Cambi repentini: in un mondo dove tutto si modifica velocemente, l'organizzazione deve diventare tanto flessibile quanto precisa ed efficiente.
        Competizione serrata: in un'economia aperta e dinamica, nella quale le imprese si confrontano con competitor di tutto il mondo, è basilare rinnovarsi costantemente e talvolta in maniera anche azzardata.
        Livello di conoscenza: in una società nella quale i vantaggi del sapere sono chiari, le aziende devono far sì che gli employer contribuiscano con impegno e passione al raggiungimento degli obiettivi.
        Maggiori responsabilità: in un periodo in cui ogni molti ritengono che le posizioni top siano ricoperte da persone raccomandate e senza responsabilità e in cui ogni decisione presa viene rapidamente diffusa sul web, le organizzazioni devono essere guidate con grande responsabilità.

Il vero problema, oggi, è che il mangement 1.0 non è nato con l'intento di affrontare questo tipo di sfide, per cui all'interno delle imprese ci sono dei management process e delle valutazioni diverse, come ad esempio:
  • Riflettere sul passato in modo da non ripetere gli errori e scoraggiare i cambiamenti inutili.
  • Fare in modo che gli employer seguano le decisioni del vertice e puntare sull’importanza di ognuno.
  • Prendere in considerazione le domande di alcuni azionisti e allo stesso tempo non far perdere l'interesse agli altri.
Cambiare questi aspetti significherebbe ricostruire in toto la teoria e la pratica del management. Non solo, questi nuovi imperativi devono confrontarsi con le aspettative degli impiegati in modo da creare un rapporto di fiducia tra loro e le istituzioni. Un requisito fondamentale per il successo.

4. Generazione 2.0
La generazione che sta entrando nel mondo del lavoro è la prima ad essere cresciuta con il web. Per questi giovani internet è il sistema operativo che sta alla base della vita quotidiana e che influenza le loro aspettative circa la professione, il potere e la collaborazione. Queste nuovo modo di pensare è diventato un asset per tutti i leader e le imprese che vogliono essere competitive e al passo con i tempi, ma per riuscire occorre tenere presente che:
        Le idee devono confrontarsi su uno stesso livello
Ciò che viene messo on line può avere successo oppure no e nessuno ha il potere di reprimere le idee sovversive. Non solo: un progetto può avere popolarità in base ai meriti o agli sponsor.
        I contributi valgono più delle credenziali  
Il web è democratico e non richiede titoli di studio o certificati a chi carica un video o scrive un blog perché è il contributo che conta, non il curriculum.
        Le gerarchie sono costruite dal basso verso l’alto e non vice versa
In internet la reputazione di un progetto, di un gruppo o del singolo nasce dall’influenza che si riesce ad ottenere e, conseguentemente, dall’approvazione di chi naviga. Nel web le autorità crescono lentamente.

Ci vorrà tempo perché i nuovi input dati dalla generazione della knowledge economy diventino un dogma per le aziende, ma le imprese che rimarranno ancorate ai metodi ortodossi avranno difficoltà nell'attrarre nuovi talenti.

5. Puntare sul web
Internet non solo ha trasformato le aspettative di lavoro, ma ha creato nuove forme di mobilitazione e di coordinamento delle Umane Risorse. Grazie ad esso sono nati i social network, ogni giorno si sviluppano nuovi progetti e le persone sono in contatto tra loro e permettono la circolazione delle idee. Con il web la centralizzazione ha perso potere, sono nate organizzazioni efficienti che danno valore all’individuo e si ha disciplina senza per questo uccidere l'intraprendenza delle persone. La rete si basa su concetti quali comunità, libertà, flessibilità, meritocrazia, trasparenza e determinazione personale, ecco perché  è molto più innovativa della maggior parte delle aziende esistenti.
                                       
6. Il management di domani
Il nuovo management deve superare lo status quo e capire che anche le imprese più illuminate possono ancora evolvere. Per superare certe barriere mentali e organizzative occorre avere il coraggio di sognare in grande, pur iniziando dal piccolo. Bisogna fare una rivoluzione mentale prima ancora che strutturale ed è questa la base dalla quale devono partire i nuovi manager targati XXI secolo.

Buon lavoro!